Samuel Marolla, La mezzanotte del secolo, Edizioni XII, 2011.
Recensione di Simone Barcelli
Un pugno di personaggi attraversa le pagine di questa raccolta e, spogliandosi della propria anima, ci racconta del travaglio interiore che incombe su ognuno di noi, in un vortice di emozioni che difficilmente lasceranno il lettore indifferente.
Samuel Marolla, dopo “Malarazza” (Mondadori, 2009), torna a risvegliare i fantasmi dell’inconscio con le storie intrise d’inesplicabile contenute ne “La mezzanotte del secolo” (Edizioni XII, 2011, ristampato un paio d’anni dopo).
Il merito dell’autore, cui si devono impareggiabili descrizioni del mondo che ci gira attorno, è saper tratteggiare i protagonisti con poche, precise spennellate, lasciando poi che sia il lettore a viverne i tormenti, calandosi senza difficoltà in quei panni.
Marolla ci costringe ad affrontare le nostre più inconfessabili paure, quelle ataviche che da sempre hanno segnato il cammino dell’umanità.
Su tutte certamente la morte (questo tabù di cui non si parla mai se non quando arriva, ma a quel punto ci si convince che è meglio non farlo), che reca con sé la paura e che va a braccetto con la vecchiaia, in un percorso di ricordi e rimpianti che partono sempre da lontano.
“Siamo così soli quando si muore”, si lascia sfuggire la voce narrante dell’imperscrutabile protagonista di un racconto, come a voler suggellare quella condizione umana che aleggia prepotente anche sulle altre storie, la solitudine.
È da lì che nasce la consapevolezza di dover affrontare da soli “l’infinita periferia milanese” intrisa di quelle forze oscure proiettate dal male che si materializzano nella “incestuosa e immonda mezzanotte dei secoli”.
Con grande abilità e indiscussa padronanza di linguaggio, l’autore ci accompagna in quella che sarà “un’infinita agonia verso la fine”.
Tra le sue mani la narrativa horror si trasforma nel disarmante ritratto del tempo in cui viviamo, con le paure che inesorabilmente prendono il sopravvento sulle certezze.