Daniele Bonfanti, Melodia, Ediuzioni XII, 2010.
Recensione di Simone Barcelli
“Vedi, è tutto diverso quando sei morto… È una sensazione che fa paura, fa molto freddo, la tua anima percepisce il mondo in modo completamente diverso, non disponi più dei sensi. Allora cerchi aiuto. E arrivano loro, e la loro luce calda… ‘vai verso la luce, vai verso la luce’, ti dicono… e le anime ci vanno! Come tanti pesci verso l’esca…” (“Melodia”, Daniele Bonfanti).
“Melodia” di Daniele Bonfanti, riproposto sul finire del 2010 da Edizioni XII, è un romanzo che mi ha letteralmente stordito.
Terminata la lettura, ho avuto l’esigenza di abbandonare quella storia per un paio di mesi.
In questi giorni, quasi in sordina, sono tornato a sfogliare quelle pagine.
Non capita spesso di rileggere un libro a così breve distanza, forse non succede mai.
Eppure… quelle parole son tornate a scorrere con la stessa velocità, inaudita, rubando ancora le ore della notte, catturando di nuovo i pensieri.
Per stordire, appunto.
Ti cali senza sforzo nei panni di Mattia, il protagonista, per ammirarne l’iniziale tormento, poi la caparbietà, infine la crescita e la trasformazione.
Ti meravigli del coraggio di fronte a situazioni oltre ogni umana immaginazione.
Percepisci l’angoscia che attanaglia quando sei inseguito e l’adrenalina che sale, sempre più, perché comprendi che dovrai affrontare quel fantasma che emerge dal tuo passato, che torna per chiedere conto della tua vita.
Come se tutto fosse già stato scritto e mancasse solo la parola fine.
Quelle note, quella melodia che vuole chiudersi, è ossessionante e comincia a ronzarti in testa.
Ti cattura, ma la verità è che ti fai catturare senza alcuno sforzo.
Perché non sei il primo a caderci e non sarai nemmeno l’ultimo.
È così che vai incontro al tuo destino: non dannarti l’anima, non serve.