Gianni Miraglia, Muori Milano muori!, Elliot Edizioni, 2011.
Recensione di Simone Barcelli
Gianni Miraglia ha uno stile secco, tagliente; le sue parole, spesso racchiuse in brevi frasi, catturano il lettore fin dalle prime battute e riescono a raccontare bene l’ambientazione di “Muori Milano Muori!” (Elliot Edizioni, 2011), in cui la metropoli del Nord è immaginata a pochi giorni dall’Expo 2015.
La storia fra l’altro è coerente con lo scenario che va descrivendo: per qualche alchemica ragione che ci sfugge, l’autore pare davvero immerso in quel tempo, con la rabbia e la delusione che traspira dai personaggi nel mentre attraversano queste pagine e ci descrivono una città che, fin dagli anni Sessanta del secolo scorso, ha tanto promesso ma non è riuscita a mantenere vivo almeno quel sogno a cui tante generazioni si sono aggrappate.
Milano, una per tutte, è un modello che nelle intenzioni poteva funzionare e invece è andato degradandosi in fretta, anche per l’indifferenza di chi ci vive.
Partendo da questi presupposti, il protagonista del racconto si trova improvvisamente proiettato in uno spazio al margine della società, in un luogo in cui ha finalmente la possibilità di aprire gli occhi su quel che lo circonda, di scindere la realtà di oggi dalla fantasia di ieri.
Affrontando un percorso di sofferenza e solitudine, troverà una sua pace interiore riuscendo infine a redimersi.
Quello di Miraglia è un romanzo che attraversa l’anima, la squarta e poi la ricompone, con tutto quel che ne consegue.
E per tutto questo il lettore non potrà far altro che ringraziare l’autore, oppure maledirlo.