David Riva, Opera sei, Edizioni XII,2010.
Recensione di Simone Barcelli
Un romanzo deve trasmettere emozioni. David Riva, qui al debutto, riesce magnificamente a farlo, regalandoci una trama complessa che tiene col fiato sospeso.
L’autore, particolarmente ispirato nel descrivere gli ambienti in cui si muovono così tanti personaggi, riesce in maniera accattivante a coniugare fantascienza, thriller, horror e noir.
Muovendosi tra i sobborghi della trasgressione, con una riuscita narrazione libera da vincoli temporali, costruisce una storia che inevitabilmente porterà il lettore a interrogarsi su questioni di non poco conto.
Che diritto abbiamo di ricorrere alla chirurgia plastica per modificare il nostro corpo e qual è il limite di questa pratica che non dobbiamo oltrepassare?
L’uomo si spinge sempre più verso terreni inesplorati, tra ricerca, sperimentazione e irresponsabilità.
Nel libro il concetto o interpretazione di Arte si contrappone e interagisce con la manifesta difficoltà dei prescelti (o destinati?) ad accettare il proprio corpo e con l’esigenza di lasciare tracce tangibili del proprio passaggio, alla ricerca di un’unicità che spesso rappresenta il senso di una vita.
L’inserimento in alcuni capitoli d’approfondimento di citazioni d’artista di questo e del secolo scorso, oltre a impreziosire la lettura fa riflettere sul labile confine esistente tra realtà e fantasia.
Le tribolazioni di Ester sulla via della trasformazione, scrupolosamente annotate sulle pagine di un diario, s’intersecano col tentativo di rintracciare la bella ragazza da parte di Ivan (fuggiasco a sua volta): la sensazione è che il tempo scorra sempre un po’ più veloce di quel che dovrebbe.
Tra i due l’artista HaoMyung che “modella” a futura memoria le sue Opere mosso da una determinazione che pare irremovibile.
Finale a sorpresa.