Viola Talentoni, Ci vorrebbe un’amica, In Magazine, 2018
Recensione di Simone Barcelli
Ho tra le mani il nuovo romanzo di Viola Talentoni, scrittrice e giornalista – forlivese d’adozione – ma soprattutto amica sincera da qualche anno.
Con lei e altre amiche di penna trascorriamo a volte intensi pomeriggi e discorriamo amabilmente di tutto quel che ci passa per la mente. In una di queste circostanze ho ricevuto il libro che vado ora a recensire.
Conoscendo per sommi capi i trascorsi della scrittrice, non ho difficoltà a riconoscere, nell’ambientazione e in alcune peculiarità dei protagonisti del romanzo, tratti caratteristici della sua esistenza, come l’ambiente delle case farmaceutiche, realtà in cui ha lavorato per più di vent’anni, e il mondo della pittura, in questo caso di pertinenza del marito.
Senza dimenticare i luoghi della sua giovinezza, sempre molto importanti, quindi ricorrenti, per Viola.
Per questa ragione lo scenario in cui si muovono rispettivamente Teresa e Nora, rispecchia fedelmente la realtà e per il lettore non è per niente difficile calarsi nei panni delle protagoniste del romanzo.
La storia ruota attorno a un diario che Teresa ha scritto trent’anni prima e che ora rinviene a seguito di un trasloco.
Rileggendo quelle pagine ingiallite, ripercorre una frazione importante della sua esistenza, in cui palesa le sue tribolazioni in amore per il collega Bruno, un uomo che comunque emerge – pagina dopo pagina – come un semplice comprimario, mentre lei si interroga spesso sul significato della solitudine e sul valore da attribuire all’amicizia, soprattutto quella che sembra intravedere nella figura di Nora, di cui avrebbe bisogno in quei momenti così difficili ma che stenta a riconoscere per mancanza di fiducia.
Credo che il succo del romanzo vada ricercato proprio sul significato da attribuire all’amicizia, e di come Teresa riesca infine a comprendere quale sia la strada giusta per lei, quella che dovrà seguire per smettere di soffrire, o comunque soffrire di meno.
Ho spesso percepito nel percorso narrativo un senso di grande tristezza, forse nostalgia, soprattutto nella parte centrale del romanzo, sentimenti comunque ben mitigati, infine, dalla consapevolezza finalmente raggiunta dalla protagonista, in un percorso a ostacoli che assomiglia alla vita di ciascuno di noi.
Ecco perché, con tutti questi sentimenti in ballo, belli o brutti che siano, il romanzo mi è piaciuto parecchio.
Una storia che non aveva quindi bisogno di un colpo di scena finale, che invece c’è, eccome, e rende tutto più bello e gustoso per il lettore in cerca di continue emozioni.