Nassin Nicholas Taleb, Il Cigno nero, Il Saggiatore, 2015
Recensione di Simone Barcelli
Il filosofo Taleb è già noto alle cronache per un altro libro di grande successo (“Giocati dal caso”, Il Saggiatore, 2003).
Qui racconta del Cigno nero, ovvero quell’accadimento sconvolgente (per esempio l’attentato dell’11 settembre 2001 o il crollo dell’indice di Wall Street del 1929) che non si riesce in nessun modo a prevedere e che può mandare chiaramente a rotoli la vita di ognuno di noi; nessun modello statistico è in grado di prevenire fatti del genere, nemmeno quelli che vanno ancora per la maggiore e che si basano sulla curva a campana che prende origine dagli studi del matematico Johann Friedrich Carl Gauss.
Si tratta di un modello previsionale, chiamato in statistica ‘variabile casuale normale’, adottato soprattutto nel mondo economico-finanziario per definire i possibili rischi cui possono andare incontro gli investimenti.
Secondo l’autore tale metodo, che tanto successo riscuote tuttora, è estremamente fallace perché non tiene assolutamente conto degli estremi che, seppur rari, hanno invece un impatto drammatico sulle nostre vite.
In più, chi si occupa di statistica tende a non considerare affatto, poiché il metodo della curva a campana non lo permette, gli eventi politici, sociali e atmosferici, non prevedibili in assoluto e in grado di provocare dei Cigni neri.
L’autore scrive bene e l’argomento è molto interessante (anche per le implicazioni pratiche in altre discipline scientifiche, ad esempio la storiografia), eppure la lettura di questo libro può trasmettere sgomento (a me è successo, in alcuni frangenti), poiché, come recita anche il sottotitolo, è purtroppo l’improbabile che governa la nostra vita e fino a prova contraria non siamo in grado di prevedere un bel nulla.
Anche i dati che ci vengono dal passato sono estremamente ingannevoli e le ricostruzioni degli storici, basate quasi esclusivamente su elementi imprecisi, possono non corrispondere a verità. Insomma, siamo semplicemente in balia del caos più assoluto e per noi non c’è nessuna risposta soddisfacente.
Per natura l’uomo ha bisogno di essere continuamente rassicurato: forse è per questo che vogliamo illuderci che vada tutto bene e continuiamo a fare previsioni che si dimostrano spesso fallaci, non avendo gli elementi sufficienti per valutare appieno il nostro futuro.